Studio legale Caminiti- Spy software nel cellulare del coniuge è reato
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COMMETTE REATO CHI INSTALLA UNO SPY SOFTWARE NEL CELLULARE DEL CONIUGE

COMMETTE REATO CHI INSTALLA UNO SPY SOFTWARE NEL CELLULARE DEL CONIUGE

IL FATTO

La Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto sussistente il reato di cui all’art. 617bis c.p. (“installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche”) in un caso in cui un uomo aveva installato all’interno del cellulare della coniuge uno spy software idoneo ad intercettare le comunicazioni.

MOTIVI DI RICORSO

Avverso la decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione lamentando “l’applicazione analogica della norma incriminatrice in ragione dell’assimilazione all’apparato o allo strumento dalla stessa contemplato del programma informatico installato all’interno del cellulare della p.o.”, nonché il mancato riconoscimento, da parte dei giudici di merito, della scriminate del consenso dell’avente diritto, posto che la destinataria delle intrusioni era stata informata dal figlio dell’avvenuta istallazione del software sul proprio cellulare e, pertanto, non aveva in concreto subito alcuna lesione alla propria libertà di comunicazione.

LA DECISIONE

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso,  chiarendo che la norma in contestazione, che anticipa la tutela della riservatezza e della libertà delle comunicazioni mediante l’incriminazione di fatti prodromici all’effettiva lesione del bene, punisce la mera installazione di apparati o di strumenti, nonché di parti di essi, per intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telefoniche. Sicché il reato sussiste anche laddove non sia compiuta la successiva attività di intercettazione o di effettivo impedimento della comunicazione. In buona sostanza, la condotta tipica punita dalla norma incriminatrice è integrata anche qualora gli apparecchi, successivamente all’installazione e fuori dall’ipotesi di una loro inidoneità assoluta, non abbiano funzionato o non siano stati attivati.  Con riferimento, invece, all’eventuale esistenza del consenso della persona offesa, la Corte di Cassazione ha ritenuto che esso rappresenta un post-factum , tale, dunque, da non escludere la sussistenza del reato di cui all’art. 617bis c.p..

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-03-2019) 05-04-2019, n. 15071